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FACCIAMO IL PUNTO

In progettazione e visualizzazione o stampa delle tavole di progetto si incontra sempre il “punto grafico”, nella forma di elemento matematico (vettore), digitale (pixel) o materiale (dot).

20 dic 2021 Le interviste di Guidagiardini.it - Tempo di lettura: min.

Busto Arsizio Varese

Quando si progetta con l'ausilio del computer si creano immagini di tipo vettoriale, cioè basate su oggetti geometrici e algebrici chiamati "vettori". Da un punto di vista geometrico, un vettore è un segmento "orientato", cioè definito, oltre che dalla sua lunghezza, anche dalla sua direzione (orientazione nello spazio). In modo equivalente, un vettore può dirsi definito da una coppia di punti: il punto in cui si origina e il punto in cui termina. Con tre segmenti si può formare un triangolo, a cui si può associare una campitura (un riempimento colorato o una texture). Le linee curve sono approssimate da spezzate composte da un numero stabilito di segmenti o definite in modo parametrico: ad esempio, un cerchio è definito dalle coordinate del centro e dalla lunghezza del raggio.

La grafica vettoriale si basa su un certo numero di forme geometriche, dette primitive geometriche: punti, segmenti, poligoni chiusi (dal triangolo in su), ellissi (di cui i cerchi sono casi particolari), curve aperte di vario genere. Si possono ovviamente effettuare operazioni matematiche su questi elementi, che si traducono graficamente in rotazioni, traslazioni, proiezioni, ridimensionamenti, riflessioni, ecc., ma le operazioni matematiche sono implicite e sottostanti: il progettista disegna, colora, ruota, trasla, proietta e ridimensiona in modo diretto, senza avere coscienza della matematica implicata. In linea di principio un disegno vettoriale è scalabile a piacere senza perdere nitidezza e non ha quindi senso parlare per esso di risoluzione grafica. In pratica, se le linee curve sono approssimate da linee spezzate un sufficiente ingrandimento può rivelare visivamente i segmenti delle spezzate.

Gli elaborati grafici (planimetrie, rappresentazioni prospettiche, tavole architettoniche generali) erano un tempo richiesti in formato cartaceo, ma sono ora richiesti in un formato digitale di tipo raster, detto anche bitmap, cioè composto da pixel, parola che è la contrazione di picture element, ossia "elemento di immagine". Ne consegue che spesso, per una presentazione, i file vettoriali devono essere convertiti in bitmap. I pixel sono gli omologhi digitali dei dot, ossia i "punti di inchiostro" delle stampe su carta. Essendo i dot delle macchie di inchiostro, è chiaro che non si può parlare di dot per immagini digitali. Tra dot e pixel non esiste in linea di principio nessuna relazione; tra i due si può stabilire solo un rapporto occasionale, ed esempio richiedendo alla stampante che ad ogni pixel di un'immagine digitale corrisponda un dot in fase di stampa (si veda ad esempio https://www.fotografietorino.it/articoli/ppi-dpi/ oppure https://www.italiagrafica.com/dpi-o-ppi-il-problema-la-risoluzione/).

Un classico formato raster è il JPG, che è spesso impiegato per le foto e richiesto per le tavole architettoniche. Se le tavole fossero fornite in un formato vettoriale non si avrebbe alcun problema di risoluzione, dato che la nitidezza visuale dell'immagine fornita sarebbe limitata solo da quella massima consentita dal supporto di stampa o di visualizzazione e da eventuali elementi raster inglobati nelle tavole (sostanzialmente foto o texture).

In grafica raster si presenta invece, in genere, un problema di "qualità dell'immagine", vagamente riferita alla nitidezza della percezione visiva e a cui non è associato un numero: è un termine "qualitativo", per l'appunto. È decisamente più utile e più chiaro riferirsi a parametri "quantitativi" (cioè associati a numeri e unità di misura), i più importanti dei quali, per le bitmap e le stampe, sono la dimensione fisica, la dimensione grafica, la risoluzione grafica e il rapporto d'aspetto, che vengono spesso usati in modo improprio, perfino da coloro che si propongono di "spiegarli" al volgo. Vediamo di fare il punto (letteralmente!) della situazione.

La dimensione fisica si riferisce a un oggetto materiale, tipicamente un foglio o uno schermo (o monitor o display che dir si voglia), e ha unità di misura fisiche, tipicamente il metro (m) e i suoi multipli e sottomultipli o il pollice (in). Il classico foglio A4, ad esempio, ha per dimensioni fisiche 210 mm e 297 mm; lo schermo sul quale vedo ciò che sto scrivendo è un 19 in (48 cm in diagonale), largo 375 mm (circa 14,8 in) e alto 300 mm (circa 11,8 in).

La dimensione grafica si riferisce a un'immagine raster o a stampa oppure a un supporto di immagini (tipicamente uno schermo) e ha per unità di misura un numero di "punti" (px), o materiali, come i dot, o immateriali, come i pixel (classicamente "px" si riferisce a questi ultimi, ma nulla osta a che lo si usi anche per i dot: in tal caso "px/in" può rappresentare sia i PPI che i DTI, come si vedrà poco più avanti). Lo schermo citato, ad esempio, ha dimensioni grafiche di 1280 px in larghezza e 1024 px in altezza: a questi valori, o al loro prodotto, ci si riferisce spesso, generando confusione, come alla "risoluzione dello schermo".

La risoluzione grafica è sempre un rapporto tra una dimensione grafica e una dimensione fisica, che si esprime tipicamente in px/in, cioè in dots per inch, o DPI, oppure in pixels per inch, o PPI. Purtroppo la predominanza tecnica e scientifica degli Stati Uniti mantiene vivo l'uso delle anacronistiche unità di misura del mondo di lingua inglese, dette unità imperiali: pollice, piede, iarda, acro, pinta, gallone e un gran numero di altre bizzarrie. Ultimamente si sta cercando di soppiantare l'uso del Sistema Imperiale, e quindi del pollice (in), a favore del Sistema Internazionale (SI), e quindi del metro (m) e dei suoi derivati, ma per ora l'uso del primo prevale largamente sul secondo. La risoluzione grafica del nostro schermo è di circa 86,7 PPI sia in larghezza che in altezza (i suoi pixel sono quadrati), un numero ugualmente ottenibile da 1280/14,8 e da 1024/11,8. Ogni pixel è poi caratterizzato da una risoluzione cromatica, legata al numero di colori visualizzabili nel pixel ed espressa in bits per pixel.

Il rapporto d'aspetto, spesso detto semplicemente "aspetto", è il rapporto tra la maggiore e la minore delle due dimensioni fisiche di un'immagine a stampa o di un supporto di immagine di forma rettangolare. Se i pixel sono quadrati, o se i dot sono ugualmente spaziati in larghezza e in altezza, questo parametro corrisponde anche al rapporto tra i numeri di pixel o di dot nelle due dimensioni dell'immagine a stampa o del supporto. Nel solito esempio del nostro schermo, il rapporto d'aspetto è di 5/4 (ossia 1,25), derivante da 375/300 (mm/mm) o, essendo i pixel dello schermo quadrati, anche da 1280/1024 (px/px).

Nel classico foglio A4 (297 mm x 210 mm), così come in tutti i formati della serie "A", il rapporto d'aspetto è pari a √2 (circa 1,414), il quale si conserva ad ogni suddivisione del foglio in due parti uguali lungo una piega o un taglio a metà del lato maggiore (principio dell'invarianza di aspetto). Richiedere che un'immagine digitale sia fornita, ad esempio, in "formato A2 orizzontale a 300 DPI" è un'evidente assurdità, che esige qualche sforzo interpretativo e rivela prepotentemente che la transizione concettuale dal cartaceo al digitale non può ancora dirsi pienamente compiuta.

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