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I GIARDINI DI TAFAZZI

La capitozzatura: come trasformare un giardino in un giardume, un bel parco in un parcume, un’alberata in alberume

7 feb 2024 Le interviste di Guidagiardini.it - Tempo di lettura: min.

Busto Arsizio Varese

Capita troppo spesso, in campo paesaggistico, di sentire usare una terminologia impropria, anche da parte di professionisti dei vari settori. I termini più impropriamente usati, e abusati, sono probabilmente "piantumare" ed "essenza".

Il piantume è lo scarto di vivaio: piantumare significa pertanto mettere a dimora piante di scarsa qualità. Quanto alle essenze, varrebbe la pena ricordare che la classificazione botanica dice "… Famiglia, Genere, Specie" e non "… Famiglia, Genere, Essenza", e che Darwin ha intitolato il suo più celebre trattato L'origine delle Specie, e non L'origine delle Essenze. Le essenze sono propriamente gli odori degli oli essenziali, che possono essere combinati nei profumi commerciali. In definitiva, chi "piantuma essenze" pianta esemplari scadenti, ma, rallegriamocene, profumati…

Per fortuna, in gran parte dei casi "piantumare" è solo un lapsus verbale: in realtà non si piantuma ma si pianta. In alcuni casi, tuttavia, è una pratica effettiva, che riguarda la messa a dimora di piante davvero di scarsa qualità, agronomica o estetica.

Ma esiste anche un "piantumaggio" a posteriori particolarmente odioso, legato alle improvvide pratiche di una specie (o essenza…) congenere all'Homo sapiens: l'Homo insipiens. Al contrario di Homo sapiens 'Giardiniere', che lavora con criterio e competenza, la cultivar H. insipiens 'Giardumiere' usa la motosega come arma di distruzione di (bio)massa, rovinando, spesso irreversibilmente, alberi anche di pregio e magari poco inclini perfino alle normali potature, con la non-tecnica della capitozzatura.

La capitozzatura è, nelle parole di un pieghevole dato alle stampe da AIPV (Associazione Italiana Professionisti del Verde) e intitolato Non capitozzare, "il taglio di una porzione della pianta effettuato lungo gli internodi, senza tenere in considerazione il portamento, la morfologia e le necessità fisiologiche dell'albero", con la precisazione che "le dimensioni dei tagli e la quantità di materiale asportato sono ininfluenti per la definizione; cambia solo la gravità dell'intervento".

La capitozzatura, già vietata dai Comuni con maggior visione, e adeguata solo in casi eccezionali, comporta in genere per l'albero severi inconvenienti: uno scompenso ormonale legato all'eliminazione di gemme apicali; uno sviluppo di nuovi germogli da gemme dormienti, che generano rami poi soggetti a rotture e cedimenti; una riduzione dell'apparato radicale proporzionale alla riduzione della chioma, con compromissione della stabilità; alterazioni fisiologiche che possono provocare la morte o un grave indebolimento, attraverso una minor resistenza o resilienza a stress ambientali o aggressioni di parassiti; la formazione, per reazione, di una chioma disordinata, esteticamente sgradevole, che induce ad ulteriori interventi.

Viene da chiedersi: perché farsi del male, come il mitico personaggio di Tafazzi? Si pianta un albero in giardino, o in un parco, o lungo un viale, perché quell'albero è bello e funzionale; che senso ha allora spendere soldi per renderlo brutto e inutile? Vuol dire procurarsi un danno economico, agronomico, ecosistemico ed infine estetico: con la capitozzatura ci ritroviamo circondati e offesi da orribili giardumi, parcumi ed alberumi.

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